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BNP Paribas Cardif, tra le prime dieci assicurazioni in Italia, interroga il mondo dei #millenials (scritto rigorosamente con hashtag) sul futuro del settore utilizzando quanto di più innovativo c’è nel mondo digital, app e start-up. Ne esce una survey rivoluzionaria per linguaggio utilizzato e risultati, molto vicina a quel mondo di social engagement proprio dei #millenials.
Per i #millenials le emoji sono un modo molto naturale di esprimersi. Ecco come sono state utilizzate da friendz per i raccogliere i risultati della survey.
Il kit Habit@t 2.0 di BNP Paribas Cardif per il monitoraggio della casa è composto da un rilevatore di fumo, due sensori per il controllo delle perdite d’acqua e da una centralina di controllo.
L’evento Virtual (R)evolution, organizzato da Engage a marzo 2017, ha visto la nostra presenza sul palco per presentare la case history di Giocoplast – Giochi Preziosi, progetto realizzato in collaborazione con PlaySys e VisualPro360.
Durante la serata, insieme ad Adacto e Imille, abbiamo fatto il punto sull’attuale stato dell’arte della realtà virtuale in ambito business, dimostrando come questa tecnologia sia uno strumento concreto ed efficace per le aziende e non solo un richiamo per il mercato consumer.
I dettagli relativi alla case history presentata da Gruppo Orange nel corso della serata sono spiegati in questo articolo, oltre che in quelli pubblicati da Hardware Upgrade e Computer World Italia. Per chi fosse interessato, è possibile richiedere tramite email la case history completa.
Quello che è emerso dagli interventi ospitati da Engage è che la realtà virtuale non è solo un prodotto per l’entertainment né qualcosa di limitato all’effetto wow che provoca in chi la prova per la prima volta: ci sono già numerose strade per l’implementazione professionale in ambito aziendale, non sono per il marketing, ma anche per l’assistenza post-vendita e la formazione. Il tutto con budget decisamente alla portata di qualsiasi azienda di medie dimensioni e, anzi, con una riduzione dei costi sensibile rispetto a quelli richiesti dalla logistica classica per gli allestimenti.
Per chi si fosse perso l’evento, sarà possibile parlare ancora di realtà virtuale nel corso del Programmatic Day 2017, che si terrà il 12 aprile presso gli spazi del Multisala Orfeo, in via Coni Zugna, 50 a Milano. In questo contesto, Luca De Riu, di PlaySys, parteciperà a una tavola rotonda dedicata all’argomento e aiuterà a capire meglio quali sono le potenzialità di questa tecnologia oggi e quali gli sviluppi previsti per il futuro.
Facebook, Apple, Microsoft, Alphabet e così via: è spesso impegnativo immaginare quanto queste aziende riescano a produrre e soprattutto a guadagnare. Se poi si cerca una stima dei guadagni in tempo reale, la faccenda diventa ancora più complicata. Ancora più difficile, poi, è capire l’effettivo andamento di quei “giganti di Internet” che non godono di buona salute.
Ecco perché è sicuramente interessante, oltre che incredibilmente scenografica, la pagina web Battle of the Internet Giants realizzata da Penny Stocks Lab, società specializzata nell’analisi del mercato finanziario. Mostra quanto le varie aziende analizzate stanno producendo secondo per secondo, il tutto condito dallo stile grafico a “mattonelle” tipico di Windows. Guardare… per credere!
Clic sull’immagine per la versione completa [h/t penny stocks].
Si è conclusa con un grande successo la manifestazione SMX Milan 2015 – Search and Social Media Marketing Expo, organizzata da Business International e Fiera Milano Media dall’11 al 13 novembre. Oltre 50 esperti di fama mondiale hanno partecipato all’evento, fornendo la propria visione e i propri consigli su tutto quello che riguarda il digital marketing, dal SEO al SEM.
La sessione di incontri si è aperta con un’ospite di eccezione, Maile Ohye, Senior Developer Programs Engineer di Google, che ha dato la propria visione sul futuro della comunicazione digitale, spiegando come l’utilizzo degli smartphone si stia spostando sempre di più verso le app (88% della navigazione da mobile avviene dentro alle app, solo il 12% tramite browser) e come Google abbia lavorato sull’app indexing per integrare i contenuti delle app nei risultati delle ricerche, ora anche sui dispositivi Apple con iOS 9. L’altro aspetto essenziale per Google è puntare sempre di più a dare rilevanza ai contenuti di qualità e coerenti con lo scopo del sito che li ospita, piuttosto che a quelli che puntano sull’ottimizzazione SEO per forzare il miglioramento di ranking. Interessante in particolare la considerazione di Ohye sullo span di attenzione del pubblico online: sarebbe di appena 8 secondi (contro i 9 secondi di attenzione media di un pesce rosso), quindi abbiamo solo due o tre parole per colpire i lettori prima che passino ad altro.
Negli USA, l'88% del tempo sugli smartphone viene usato con le App, solo il 12% su browser. #smxmilan pic.twitter.com/nj1EfZct3m
— GO Digital (@godigitalit) November 12, 2015
Molti gli argomenti di cui si è discusso, con visioni diverse, a volte addirittura contrastanti, su quello che è lo stato attuale del digital marketing e quello che potrà essere il suo sviluppo futuro. Grande attenzione è stata posta sulla qualità dell’esperienza d’uso da parte degli utenti, che Google analizza con attenzione e che diventa sempre più un parametro di giudizio fondamentale per raggiungere le prime posizioni nei risultati delle ricerche. Daniel Furch, di Searchmetrics, ha spiegato come il termine SEO debba diventare acronimo di Search Experience Optimization, con una serie di suggerimenti pratici per la realizzazione di siti funzionali, a cominciare dall’uso di strutture ordinate e ben leggibili, oltre che ricche di contenuti multimediali.
Non bisogna più concentrarsi sulla Search Engine Optimization, bensì sulla Search Experience Optimization #smxmilan @DanielFurch
— GO Digital (@godigitalit) November 12, 2015
Altro argomento caldo è stato il remarketing e retargeting, che in termini di efficacia al momento è la pratica più consigliata per finalizzare le vendite online. Oltre agli strumenti già noti di Google, ora anche Facebook permette di gestire agevolmente campagne di questo genere, con costi inferiori e ottimi risultati se vengono utilizzate correttamente. Ci sono anche qui diverse regole da tenere presenti, per esempio non si può pensare a un remarketing “unico” per tutti i clienti, indipendentemente da quanto è passato dalla prima visita. Si calcola che la maggior parte dei recuperi di carrelli abbandonati (ovvero acquisti online non portati a termine) avvenga entro un giorno, per lo più concentrati nelle prime 2 ore. Successivamente, diventa meno importante riproporre al cliente lo stesso articolo, quanto piuttosto qualcosa di alternativo.
I tre criteri per "attivare" gli utenti: motivazione, facilità d'uso e stimoli. Ecco come interagiscono. #smxmilan pic.twitter.com/xLogajVY7u
— GO Digital (@godigitalit) November 12, 2015
Infine, merita sicuramente una menzione la discussione riguardo al futuro delle keyword e del link building. Nonostante i titoli d’effetto di alcune sessioni, come “Keywords are dead”, in realtà quello che è emerso è che entrambi questi aspetti SEO sono ancora vivi e vegeti e rappresentano componenti essenziali per acquisire visibilità online. Vanno però utilizzati con intelligenza, come elementi di un insieme che abbia come scopo principale la soddisfazione di chi visita un sito, tenendo anche presente che Google si sta impegnando duramente per combattere le pratiche SEO più deleterie, ovvero quelle che mirano a mettere in evidenza contenuti poveri e puramente commerciali.
Il link building non è morto, ma non ha più l'importanza che aveva una volta e deve essere spontaneo. #smxmilan pic.twitter.com/WMv4Mmtvuz
— GO Digital (@godigitalit) November 13, 2015
Questo è solo un assaggio di quanto emerso nel corso di tre giornate dense di contenuti, un appuntamento davvero imperdibile per tutti i professionisti del digital marketing, come testimoniato dall’eccezionale affluenza di esperi da tutto il mondo. Suggeriamo ai colleghi di tenere d’occhio il sito di SMX Milan per le prossime edizioni.
Il marchio Dog Digital nasce da una lunga esperienza, maturata in campo editoriale da un team di professionisti che lavora per fornire informazioni accurate e professionali. Dal 2015, Gruppo Orange ha iniziato a collaborare con la rivista Quattro Zampe (pubblicazione di riferimento nel campo della cinofilia editoriale), per la quale gestisce i contenuti del sito e dei social network.
Dog Digital non è solo contenuti. Grazie ai numerosi professionisti che collaborano con il suo team (educatori e istruttori cinofili, giornalisti, esperti di marketing digitale), offre una vasta gamma di servizi sia a chi opera nel settore cinofilo sia ai singoli proprietari di cani. La creazione di questo marchio nasce dall’intento di creare un connubio tra la cinofilia classica e il mondo digitale. A breve verrà lanciata un’App per dispositivi mobile dedicata ai nostri amici a 4 zampe e saranno presentati nuovi eventi per tutti gli appassionati di cani!
Tra i servizi di Dog Digital per il pubblico: corsi di gruppo o individuali sull’educazione dei cani, Nosework, passeggiate a 6 zampe, corsi sulle tecniche per fotografare i cani.
Tra i servizi di Dog Digital per i professionisti del settore cinofilo: realizzazione di siti internet, content marketing, progettazione di cataloghi, loghi e grafica personalizzata, App, corsi specifici diretti a migliorare la propria professionalità in rete.
C’è chi pensa che il Content marketing sia l’ennesima moda passeggera, l’ennesima trovata delle agenzie pubblicitarie per spillare soldi alle aziende, ma non è così. Rispetto all’epoca d’ora della televisione, quando lo spettatore era “costretto” a guardare la pubblicità, o quantomeno cedeva alla pigrizia di non cambiare canale, oggi i media sono sempre più sotto il diretto controllo di chi li usa. L’esempio più eclatante in questo senso è proprio il Web, dove chi naviga decide – spesso in una manciata di secondi – se restare su una nuova pagina o spostarsi altrove. La pubblicità classica diventa così sempre più difficile da far vedere: se occupa una posizione defilata, viene automaticamente ignorata, se invece è troppo invasiva, viene chiusa immediatamente, senza neanche uno sguardo.
Il Content marketing rappresenta la soluzione più efficace a questo problema, con una forma indiretta di pubblicità. Il concetto basilare è quello di fornire informazioni utili ai propri clienti, invece di proporre direttamente l’acquisto dei prodotti. Come risultato, si possono ottenere i nominativi delle persone interessate all’argomento, da utilizzare in una seconda fase per la comunicazione commerciale, oppure promuovere i prodotti in modo indiretto o, ancora, rafforzare la percezione del marchio da parte dei clienti. La parte migliore è che la maggior parte delle aziende ha già delle storie e delle esperienze formidabili da condividere con il pubblico, ma non se ne rende conto o non sa come farlo. Basta trovare la strada giusta per trasformare questo materiale grezzo in contenuti di alto valore, in grado di migliorare le performance dell’azienda.
Pur essendo stato teorizzato in epoca relativamente recente, il Content marketing in realtà viene utilizzato già da molto tempo. Il primo esempio di questa tecnica di comunicazione viene ravvisato nella rivista The Furrow, pubblicata addirittura nel 1895 dalla Deere & Company, tra le principali società agricole del mondo. Non si trattava di un catalogo per la vendita diretta degli attrezzi, bensì di un magazine che spiegava agli agricoltori come usare le nuove tecnologie per migliorare la resa delle coltivazioni. L’obiettivo era quello di espandere il mercato agricolo e, come effetto indiretto, incrementare la vendita degli attrezzi.
Un esempio di Content marketing realizzato da Go Digital è il sito Acufeni – Cause e Rimedi, per l’editore Tecniche Nuove, che offre informazioni sul fastidioso disturbo del fischio alle orecchie, un test per l’autovalutazione del problema e indicazioni su quello che si può fare per combattere il problema. A latere, il sito propone l’acquisto del libro Acufeni: cause, diagnosi, terapie, edito dal cliente, ma solo dopo aver fornito agli utenti una utile panoramica su questo disturbo e degli strumenti gratuiti. In questo caso, la struttura del sito ricalca volutamente quella di un blog, piuttosto di una landing page commerciale, affinché i visitatori abbiano un impatto positivo e si sentano a proprio agio nella consultazione delle pagine.
Le pagine web che non vengono visualizzate correttamente su smartphone verranno penalizzate nelle ricerche di Google, anche da computer
Oggi, 21 aprile 2015, diventa operativo il nuovo algoritmo di Google che decide a quali siti dare maggiore visibilità nelle ricerche. Il grande cambiamento è che le pagine web non responsive, ovvero che non si leggono perfettamente anche sui dispositivi mobile, subiranno una penalizzazione, quindi saranno meno visibili agli utenti. La penalizzazione non è limitata solo alla navigazione da smartphone, ma verrà applicata anche alle ricerche effettuate da computer o da qualsiasi altro dispositivo.
Il problema è molto serio per le aziende italiane, che sono ancora estremamente indietro nella trasformazione dei propri siti in ottica mobile. Non si parla solo di piccole attività, ma anche di grandi imprese, che a tutt’oggi non permettono una navigazione corretta da smartphone. Questo limite era già grave ieri, poiché voleva dire perdere una fetta sempre più importante di visitatori, visto che ormai il traffico web avviene per oltre il 50% da dispositivi mobile, ma oggi lo diventa ancora di più.
Google mette a disposizione una pagina web per verificare in pochi secondi se il proprio sito risponde ai requisiti necessari per restare ai vertici delle classifiche delle ricerche o meno: basta andare su www.google.com/webmasters/tools/mobile-friendly, inserire l’indirizzo del sito da controllare e premere analizza. Il responso è immediato. Chi vuole può approfondire il discorso sempre tramite i documenti ufficiali di Google, che in questa pagina (in lingua inglese) spiega esattamente il meccanismo.
Per le aziende che ancora non hanno provveduto ad aggiornare il proprio sito in ottica mobile, è il momento di farlo, altrimenti i danni in termini di visibilità – e quindi di fatturato – saranno evidenti nel giro di pochissimi mesi.
Contattaci subito per una consulenza gratuita sulla trasformazione responsive di un sito esistente o sulla creazione di uno nuovo.
Regole e dogmi hanno senso per i contenuti da condividere sui social network?
Su Facebook si deve tenere un certo atteggiamento e stile di comunicazione. Su Twitter un altro, visto il limite dei 140 caratteri. Usi gli hashtag su Facebook? Ma no, non servono e “stanno male”. Non pubblichi più nulla sul tuo blog aziendale e affidi tutto direttamente a Facebook? Sbagliato, i social sono solamente un canale, un veicolo, i tuoi preziosi contenuti devono risiedere altrove.
Ecco alcuni dei “dogmi” dei moderni tempi digitali, prendendo in considerazione solamente due dei social network più diffusi, ripetuti più o meno in queste forme da chiunque si occupi in modo serio e professionale di comunicazione su Internet e affini. Peccato, però, che il mondo digitale, in particolare proprio quello della comunicazione di contenuti, sia in continuo divenire e tutto possa cambiare da un giorno all’altro. L’unica, vera, affidabile e comprovata regola che si dovrebbe seguire è un’altra: i dogmi non esistono. Se esistono, hanno vita breve. Bisogna continuare ad aggiornarsi, tenere gli occhi aperti, modificare la rotta.
Parliamo per esempio della questione hashtag che, secondo alcuni, sono inutili e fanno brutta figura su Facebook, ne avevamo già accennato qualche tempo fa, qui. Ora la questione torna alla ribalta: in occasione di particolari eventi, quando si esegue una ricerca au Facebook, determinati post vengono messi in evidenza facendo risaltare l’hashtag che identifica l’argomento di tendenza. Segno che nel motore del social network di Zuckerberg, anche nella versione italiana, le “rotelle” dedicate all’analisi degli hashtag girano sempre di più, con risvolti che vedremo solo nei prossimi mesi. È quindi consigliabile utilizzare sempre gli hashtag, ovviamente senza esagerare e comunque taggando parole di una certa rilevanza rispetto all’argomento trattato e alle tendenze del momento.
Rimaniamo sul tema Facebook per altre due importanti novità introdotte all’F8, la Facebook Developer Conference, https://fbf8.com. La prima riguarda l’offerta del social network, rivolta a importanti testate giornalistiche online, di ospitare direttamente su Facebook i contenuti delle news, quindi senza più link e rimandi al sito della testata. La motivazione è aumentare il più possibile la velocità di fruizione dei contenuti, non sempre eccellente soprattutto da mobile nel momento in cui da Facebook si esce per raggiungere i contenuti pubblicati su altri siti. Alle testate verrebbe poi garantita una percentuale sulla pubblicità veicolata dal social network. La seconda novità riguarda i video caricati su pagine e account. Tra le opzioni di condivisione è infatti ora disponibile quella per “embeddare” il video, insieme al player di Facebook, su un altro sito, proprio come da tempo è possibile con YouTube. Anche in questo caso, la mossa ha lo scopo evidente di trasformare il social network da puro canale di condivisione dei contenuti a contenitore.
Perché tutto questo? Perché i media cambiano, sia quelli tradizionali sia quelli digital. Ma i contenuti, le informazioni di qualità, continuano a essere il vero valore di chi deve comunicare, sia perché attraggono lettori, sia perché sono il principale veicolo di marketing, almeno quello attuale. Quindi Facebook, se vuole guardare ai prossimi 10 anni a testa alta, deve concentrare la propria attenzione sui contenuti e non solo sui mezzi di condivisione.
Tu che stai leggendo: produci contenuti riguardanti la tua attività professionale, la tua azienda o anche solamente la tua passione? Come li distribuisci? Dove li pubblichi? Ti piacerebbe una soluzione alternativa, moderna e chiara, per raggiungere il più ampio numero di lettori possibile e soprattutto misurare il grado di penetrazione, di interazione, di gradimento? Faccelo sapere, i nostri contatti sono qui.
Alcune schermate di Meerkat su iPhone.
Il 2015 è ancora giovane, eppure c’è già qualcuno che fa pronostici su quale sarà la “App-fenomeno” dell’anno. I ben informati sulle “social cose”, esperti del mondo digital e di comunicazione, collaboratori e coordinatori di GO Digital, sono tutti d’accordo: si tratterà di Meerkat, la semplice ma rivoluzionaria App per condividere mediante Twitter, in streaming, riprese video dal vivo. In effetti ha molti punti a suo favore: è facilissima da usare, consente di iniziare a trasmettere in streaming a pochi secondi dall’installazione, si basa su Twitter sia per il login sia per far sapere al mondo che siamo online, con tutta la potenza virale degli hashtag e delle conversazioni in tempo reale. L’App è disponibile attualmente solo su iTunes Store per iPhone e iPad, ma non stentiamo a credere che arriverà presto anche sullo store Google Play per tutti i dispositivi Android.
Detto questo, Meerkat ha tantissime potenzialità, ma è ancora molto giovane e quindi bisogna vedere come e se evolverà, oltre a capire se Twitter ha interesse o meno a lasciar vivere un’App del genere che comunque sfrutta le API del social network per poter funzionare. Non a caso, a poche settimane dal lancio di Meerkat, Twitter ha acquisito la società rivale Periscope e ha tutte le intenzioni di lanciare un’altra App molto simile a Meerkat. Insomma, che la battaglia dei “social video mobile streaming” abbia inizio.
Nell’attesa di capire quale sarà il futuro di Meerkat alla luce delle mosse di Twitter, vale la pena provare l’App anche solo per curiosità, magari per capire se può essere utile quale sistema di condivisione di contenuti live per la propria attività professionale. Attualmente è facile trovare stream, ad esempio, di animali domestici che dormono nelle proprie cucce, ma anche di conferenze, eventi ufficiali, presentazioni e spettacoli dal vivo. A questo proposito, pochi giorni fa Penny Pritzker, Secretary of Commerce degli Stati Uniti, ha utilizzato proprio Meerkat per riprendere e condividere il giuramento di Michelle Lee, il nuovo capo dell’U.S. Patent and Trademark Office, sottolineando con un ulteriore tweet il fatto di essere la prima rappresentante ufficiale del gabinetto a utilizzare la nuova piattaforma di condivisione.
Being the first @Cabinet official to share key events on this new exciting platform @AppMeerkat #TopSXSWMoments pic.twitter.com/JCsdvB466L
— Penny Pritzker (@PennyPritzker) 13 Marzo 2015
Senza andare così “in alto”, a GO Digital è capitato per caso di collegarsi al primo stream, probabilmente una prova, di Pietro Scott Jovane, attuale CEO di RCS MediaGroup…
Meerkat, l’App per lo streaming di eventi live su Twitter, attira la curiosità di tutti.